di Titti Casiello
E’ nell’ambito del progetto “Terre di Calabria” che il GAL Terre Locridee ha affidato ad Anfosc, l’associazione Formaggi sotto il cielo, capitanata da Roberto Rubino, l’elaborazione del Disciplinare di produzione del Caprino d’Aspromonte DOP.
Una razza, quella della Capra dell’Aspromonte, mantenuta in vita attraverso la pastorizia transumante. Incontrando ancora oggi lungo i sentieri boschivi le sue tracce fatte di resti di capanne di pastori, di recinti per animali o di strutture fatiscenti probabilmente usate per la maturazione del formaggio.
Di quel “formaggio fatto col sistema locale che è pochissimo cotto, anzi bisogna dire ch’è crudo interamente perché si dà alla pasta per qualche minuto un leggiero colore che non arriva a 30 gradi -vampata”. Era così che sul finire degli anni ‘20 del ventesimo secolo Morabito descriveva quello che sembrava a tutti gli effetti il Caprino d’Aspromonte.
Quella transumanza, però, oggi sembra muoversi, invece, per emigrazione, e quelle colline arcigne e tortuose abitate dall’uomo e dai suoi bestiami senza soluzione di continuità appaiono oggi delle lande deserte.
Il rischio è di perdere l’ennesimo patrimonio gastronomico da custodire, invece, coi denti. Ma con “Terre di Calabria” si apre la possibilità di suscitare nuova consapevolezza e orgoglio.
“Un esigenza che è nata dal basso con gli stessi pastori che vogliono valorizzare il loro mestiere e il loro prodotto. Da qui la necessità di stabilire delle regole. Bisogna avere una visione di insieme e una buona strada è sempre quella di ricorrere all’etica delle azioni” dice Pietro Schirripa da anni impegnato nella rivalutazione del territorio.
Ecco perché il Disciplinare, nelle more della sua pubblicazione, non si limita solo a segnare i confini geografici di quest’eticità stabilendo che la produzione del Caprino Dop debba avvenire solo nel territorio della provincia di Reggio Calabria e affidando la “prova dell’origine” agli stessi produttori, trasformatori o confezionatori che saranno chiamati ad inviare mensilmente al consorzio una tabella dei dati relativi alla produzione – ma stabilisce anche una minuziosa metodologia di produzione.
Così quel formaggio, realizzato solo da ottobre a luglio, può essere prodotto unicamente dal latte intero crudo di capre autoctone dell’Aspromonte.
Un bestiame che, nelle regole del nuovo disciplinare stilato da Anfosc, dovrà essere al pascolo, avendo a disposizione una varietà di erbai provenienti per almeno il 70% dall’area della Calabria. Divieto assoluto, invece, per insilati o fasciati, ammettendo, poi, solo un 30% di alimenti complementari come grani, cereali, concentrati e trebbie se gli animali sono alla stalla, e che scende, poi, a 300 kg per capo annuo in caso di pascolamento.
“Abbiamo effettuato le analisi chimiche e organolettiche partendo da alcuni campioni di formaggi per esaminare principalmente il contenuto dei polifenoli. E’ partendo da loro che ci è possibile dimostrare l’alimentazione degli animali. Maggiore il loro contenuto maggiore la quantità di erbe mangiate dal bestiame”.
Una prova che diviene, poi, tangibile anche senza telescopio, con forme di formaggio dal colore “no bianco” e dal sapore intenso e persistente.
Questi risultati sono stati presentati nella giornata del 22 aprile presso l’Istituto alberghiero di Locri in un incontro durante il quale gli alunni sono stati chiamati a degustare alla cieca formaggi prodotti secondo il nuovo disciplinare e altri di diversa provenienza. “Il fine è sensibilizzarli sui prodotti agroalimentari del nostro territorio e in particolare sulla necessità di tutelarli attraverso l’elaborazione di disciplinari di produzione” conclude Schirripa.