Con la pasta integrale la musica cambia. L’odore e il gusto sono una presenza non trascurabile.Ma occorre ancora migliorare la tecnica di degustazione
Come riporta il motto di questa rubrica: noi degustiamo per imparare. E nel caso della pasta è quanto mai vero, perché il vocabolario che abbiamo a disposizione è veramente modesto e poi perché la tecnica di degustazione è da perfezionare.
Certo, chiunque potrebbe dire: ma come, con tanti istituti di ricerca e industrie che studiano queste tematiche, non c’è ancora un metodo di analisi codificato e condiviso? Ma sì che c’è, però ogni metodo è frutto degli obiettivi che ci si propone.
Oggi tutti si preoccupano degli aspetti tecnologici: la temperatura di essiccazione, la molitura, i tempi di essiccazione. Quindi il grano non interessa se non per quelle caratteristiche che vanno a condizionare i processi produttivi: la proteina, la forza, ecc.
A noi invece interessa l’aroma e, indirettamente, il valore nutrizionale, fra i quali c’è una correlazione positiva. E su queste tematiche c’è poco in giro e, quindi, al momento non conosciamo le molecole responsabili del gusto e i fattori che le determinano. Tutto è casuale. Ecco perché siamo ritornati sulla pasta cambiando ancora un poco la tecnica di degustazione e di cottura.
Su suggerimento dello chef Alfonso, abbiamo sostituito l’acqua della rete idrica, che subisce un trattamento di decalcificazione, con l’acqua di sorgente. Sarà stato un caso, ma rispetto alla precedente degustazione, questa volta non abbiamo percepito sentori anomali o altri fattori di disturbo. Passiamo ora alla tecnica di degustazione. I momenti restano due: l’odore e il gusto.
In genere lo chef porta un gruppo di 4 campioni in successione di 3-4 minuti. Il tempo fra un campione e l’altro potrebbe essere sufficiente per esprimere una valutazione ma, a volte, basta che la discussione si prolunghi e l’ultimo campione è ormai freddo freddo; e, naturalmente, l’odore ne risente.
Abbiamo quindi deciso che nella prossima degustazione il campione sarà singolo e verrà portato in una ciotola coperta in maniera da trattenere e concentrare l’odore.
Sull’odore noi valutiamo le diverse sensazioni, che proviamo a descrivere e l’intensità, sapendo che non necessariamente la relazione fra punteggio e livello qualitativo sia positivo, perché se c’è un odore intenso ma non piacevole sarà chiaro che la relazione è negativa. Quindi il punteggio è limitato all’intensità dell’odore e non alla qualità, che viene o dovrebbe essere solo descritta.
Il gusto, e intendiamo per gusto tutte quelle sensazioni che rimangono in bocca e sulla lingua una volta che il pezzetto di pasta è stato ingerito, lo percepiamo e lo possiamo misurare attraverso l’intensità e la persistenza. Noi possiamo avere in bocca sensazioni intense ma cortissime e viceversa.
Quale potrebbe essere la spiegazione di questi due fenomeni che marciano in maniera separata?
Se i responsabili del gusto sono soprattutto i polifenoli, allora l’intensità dipenderà dal contenuto delle singole molecole, mentre la persistenza dipenderà dalle singole molecole presenti. Sappiamo che i fenoli hanno peso molecolare diverso e c’è da supporre che molecole più pesanti permangano sulle papille gustative più tempo di quelle leggere.
Ecco perché abbiamo deciso di esprimere un voto per l’intensità ed uno per la persistenza. Rimane il problema della scala, forse da 0 a 5 è troppo ravvicinata, non permette di esprimere appieno la distanza fra un campione e l’altro. Ma la scala si allargherà quando noi ci saremo impadroniti meglio e di più della tecnica di degustazione.
Passiamo ora ai risultati. Questa volta i campioni sono stati 9, di cui 4 prodotti con semola di grano duro e 5 con semola integrale.
Paste da semola
Il primo campione lo abbiamo inserito solo per testare la corrispondenza fra aroma e scadenza della pasta. Il prodotto era scaduto da oltre un anno e in effetti sia l’odore che il gusto esprimevano segni di vecchiaia, di rancido, di amaro. Gli altri tre campioni provenivano da aziende di alta gamma, due delle quali sono anche produttrici del grano. In questo caso c’è stata una relazione fra il prezzo e il livello qualitativo. E stiamo parlando di un odore pulito, che andava oltre il consueto amido e più o meno intenso. Anche il gusto ci ha lasciato un ricordo, perché variamente intenso e mediamente lungo. L’ultimo campione è stato il più interessante anche per noi, perché conosciamo la resa per ettaro di quel grano. Siamo mediamente sui 40 q/ha. So che la resa da sola non ci fornisce tutte le motivazioni di un risultato, qualunque esso sia, ma su questa ipotesi ci piace lavorare e per le prossime degustazioni vedremo di procurarci campioni di cui conosciamo la resa.
Pasta da semola integrale
Come si può vedere dalla tabella, il primo e l’ultimo hanno dato risultati deludenti, gli altri tre hanno avuto risultati simili e, manco a dirlo, sono vicini anche i prezzi. Il primo, che è prodotto da un’azienda artigianale che produce anche il grano, ha presentato note di fermentato che non incoraggiavano alla degustazione.
Però sia l’odore che il gusto si sono rivelati intensi. Probabilmente c’è stato un problema tecnico nel processo di produzione. L’ultimo campione invece è una azienda industriale e il risultato modesto è nell’ordine delle cose.
Quindi, rispetto alla pasta di pura semola, quella integrale si dimostra più interessante, ha una personalità e note odorose e complessità gustativa apprezzabili.
Il motivo è conosciuto e dipende dal fatto che è nella parte più esterna, soprattutto nell’aleurone che si concentrano le molecole responsabili d queste sensazioni.
Interessante sarà capire come i diversi fenoli giocano e incidono sulle note odorose e gustative, ma credo che il percorso sia ancora lungo.
Anche questa volta non riportiamo i nomi delle aziende.
Dobbiamo perfezionare il metodo di degustazione. La prossima volta le degusteremo di nuovo e, se il risultato ci convincerà, inseriremo le aziende.