Si fa presto a parlare di lunghe stagionature dei formaggi (e dei salumi). Tutti i formaggi si possono stagionare e per quanto tempo? Da cosa dipende e quali molecole permettono una lunga stagionatura? Abbiamo iniziato con il Conciato Romano, un piccolo formaggio del Casertano. Quali sorprese!
Quando si parla di latte, spesso dimentichiamo che abbiamo a che fare con un alimento che si produce tutti i giorni. E poiché la qualità è strettamente legata all’alimentazione degli animali e alla flora dei pascoli o anche dei fieni, ne deriva che la complessità aromatica e nutrizionale oscilli a ritmi quasi quotidiani. Naturalmente non rientrano in questa categoria quei sistemi intensivi che cercano di assicurare la stessa razione, tutti i giorni, per tutto l’anno. Che è un poco come se a noi i medici dicessero che guai a cambiare alimentazione, dobbiamo mangiare tutti i giorni dell’anno sempre e solo gli stessi alimenti. L’elogio della depressione! Quindi, noi abbiamo i sistemi intensivi che hanno una qualità del latte poco variabile nel tempo e i sistemi pastorali nei quali la qualità è sempre variabile. Perché ho preso il giro largo? Da un anno stiamo facendo, per conto della Regione Campania, un lavoro di assistenza tecnica agli allevamenti ovini e caprini. In genere il nostro intervento riguarda il miglioramento della qualità dei formaggi o del fieno, l’alimentazione piuttosto che il benessere. Ma in un caso ci siamo imbattuti in una situazione nuova: l’affinatura in orcio.
La signora Lombardi, che gestisce l’azienda Le Campestre a Castel di Sasso in provincia di Caserta, da una ventina di anni ha ripreso la tecnica del “Conciato Romano, un piccolo formaggio che, dopo l’asciugatura, viene conciato con spezie e riposto a stagionare in un orcio di terracotta. Manuel, il figlio, quando abbiamo provato a concordare la tipologia di intervento, ci ha posto una domanda secca: quale è la durata ottimale di affinatura, sapendo che stiamo parlando di un formaggio di appena 200 g? Risposta niente affatto facile perché nel mondo caseario questa questione è stata poco studiata. Potrà sembrare un paradosso, in fondo il 50% della produzione italiana e un po’ meno quella francese viene portata a periodi di stagionatura che vanno almeno da un anno in su. E c’è chi ne fa un vanto se arriva a stagionare i formaggi oltre 40, 50 mesi. E lo stesso si potrebbe dire per i prosciutti. Quindi sia i sistemi pastorali e sia quelli stallini stagionano i formaggi (e i prosciutti) allo stesso modo e per lo stesso tempo. Ma, tutti i formaggi e tutti i salumi si possono stagionare e anche per periodi lunghi? Se dicessimo questa frase nel mondo del vino chiamerebbero neuro. Ecco perché la questione non è semplice ma noi ci vogliamo provare. E allora, come primo passo, abbiamo concordato di degustare quattro stagionature diverse, soprattutto le estreme, per capire meglio le differenze. Come metodo di analisi sensoriale, proprio per capire l’influenza della qualità del latte, noi ci soffermiamo solo sull’odore, di cui rileviamo l’intensità e la variabilità e sul gusto, e cioè intensità e persistenza. Peculiarità queste che dipendono dalle componenti volatili (aldeidi, chetoni, terpeni, acidi, alcoli) e da quelle non volatili (essenzialmente polifenoli, almeno secondo noi).
E adesso passiamo ai risultati
Campione n.1, formaggio di 2 giorni
Dall’agriturismo si ha un bel colpo d’occhio dei pascoli e delle pecore che si spostano progressivamente perché, a fine gennaio e anche se non ha fatto molto freddo, l’erba è sì, verde, ma rada, bassa, giovane. Quindi è ipotizzabile che il latte abbia già un contenuto di carotenoidi e di terpeni importanti ma quello dei polifenoli si terrà a livelli medi perché le piante sono troppo giovani, anche se il fieno di supporto comunque apporterà una buona quantità di polifenoli.
Infatti, notiamo subito che il colore, nonostante il formaggio abbia solo due giorni, vira già verso il grigio-verde, grigio perla con tendenza al paglierino molto tenue. L’odore è già marcato, mediamente intenso, con note di pecorino, di fieno e con una piacevole acidità. In bocca viene subito fuori una astringenza intensa e lunga.
Mica male per un formaggio di due giorni, a dimostrazione che quando la qualità del latte c’è, il formaggio ha personalità da subito e non bisogna aspettare un anno. Ma proseguiamo, tenendo sempre a mente però quella nota di astringenza che possiamo attribuire non ai tannini, come succede nel vino, ma quasi certamente agli acidi fenoli e in maniera particolare all’acido ferulico.
Campione n. 2 formaggio di 15 giorni
Il colore è già più evoluto, si intravvedono già le tonalità del verdino, segno che i carotenoidi stanno svolgendo il loro compito. L’odore rimane abbastanza intenso ma quasi meno del precedente, evidentemente perché quindici giorni prima le erbe erano appena spuntate. Prevalgono le note di latte cotto e di erbaceo. In bocca si avverte un corpo importante, una sensazione di foglia di noce e noce fresca, buona la presenza di astringenza.
Campione n.3 formaggio prodotto a giungo 2019
A questo punto bisogna dire ai tanti che non conosco questo formaggio e questa tecnica, che la stagionatura in orcio favorisce un processo fermentativo intenso, che a sua volta tende ad accentuare alcune caratteristiche organolettiche. Insomma, ci aspettiamo un formaggio dall’aroma intenso e con una spiccata personalità. Iniziamo. Il colore è il primo che risente di questo processo ed è un giallo che vira verso l’ocra chiaro. L’odore è ovviamente intenso e ben distinguibili sono le note delle erbe usate per la concia. In bocca quello che ci sorprende è la morbidezza e la cremosità, buona l’acidità; il gusto è intenso e subito prende due strade: da una parte un’astringenza morbida e piacevole, dall’altra una grande complessità aromatica, una buona armonia. Buona la solubilità.
Quindi, se c’è ancora astringenza, vorrà dire che questo formaggio, anche se di piccole dimensioni, può sopportare ancora altri mesi di stagionatura. Perché aveva ancora tanta astringenza? Perché nel mese di giugno le erbe sono ormai alla fine dello stadio vegetativo. Le componenti volatili sono scarse, perché la pianta sta virando verso il giallo mentre il contenuto dei polifenoli dovrebbe essere al massimo. Quindi, potremmo dire che un formaggio di giungo stagiona meglio e più a lungo di un formaggio prodotto da gennaio a marzo, quando inizia la levata della flora.
- Conciato Romano mese di aprile 2019
Anche in questo caso il colore è vivido, intenso, un giallo paglierino che comunque vira verso l’ocra chiaro per effetto dell’aumento di temperatura che la fermentazione determina nell’orcio. L’odore è meno intenso del precedente così come corte sono le sensazioni aromatiche della conciatura; si avvertono le note del latte, di legno bagnato e di muffa, gradevole l’odore del timo. In bocca arriva subito una piacevole nota di acidità, il sapore del timo; scarsa è la solubilità e corte sono le sensazioni aromatiche e gustative.
Quindi, un formaggio più stagionato del precedente che emoziona meno. Perché? È da presupporre che le erbe di aprile fossero troppo tenere, acquose, per trasferire al latte quel corredo di polifenoli che avrebbe potuto indirizzare il gusto verso altri percorsi.
È veramente questa la lettura che si può dare di questi formaggi e della stagionatura? Per adesso è solo un’ipotesi, che trova conferme nelle varie degustazioni che andiamo facendo in giro. In altre sedi stiamo lavorando a progetti di ricerca per avere conferme dell’ipotesi. Per ora ci accontentiamo di degustare il Conciato Romano della famiglia Lombardi e di condividere il racconto con i nostri compagni di strada.