di Titti Casiello
Qui è Forenza, piccolo paese della Basilicata, in provincia di Potenza, a nord dell’Appennino Lucano. Dal colle sul quale sorge, chiamato il Balcone delle Puglie, si scorge l’intero Tavoliere pugliese fino a che gli occhi incontrano il Gargano e il Monte Vulture.
Forenza custodisce una delle aree forestali più grandi e intatte d’Italia, con alberi maestosi e una vegetazione e una fauna molto diversificate. Terreni idonei per la coltivazione e da sempre vocati per la produzione del grano per la panificazione. Ed è qui, in questo incantevole borgo medioevale, che Matilde Iungano ha creato la sua omonima azienda “fatta principalmente di passione e di resistenza” lo dice sorridendo, con il tono di chi ne ha superate tante e decide di continuare ancora e ancora.
La sua è un’attività che nasce da una tradizione familiare, fatta di arte molitoria, ma anche di ricerca incessante che si rinnova ogni giorno dal 1938 “coltiviamo grano da tre generazioni”, ma è solo con lei e con suo marito che avviene la svolta da coltivatori a trasformatori dei loro prodotti. “L’azienda è stata creata da mio nonno Nicola e portata avanti da mio padre, poi sono arrivata io e da domani molto probabilmente proseguiranno anche i miei due figli che hanno già intrapreso studi in agraria”.
E il grano di Matilde oggi, allora, grazie al suo impegno diventa farina e pasta. Con il suo lavoro che è inarrestabile “abbiamo impiantato anche vigneti, uliveti e alberi da frutta dimenticati come la visciola” trasformati e prodotti, poi, nel piccolo laboratorio polifunzionale annesso all’azienda, in olio, confetture. mosto cotto in bottiglia, erbe aromatiche e passate di pomodoro.
“Cerchiamo di chiudere il cerchio: tutto quello che coltiviamo lo trasformiamo” mentre per la farina e la pasta ci si affida a piccole realtà locali “con un pastificio che cuoce la nostra pasta a lenta essicazione e la trafila sia al bronzo che al teflon”.
“Quando abbiamo iniziato a lavorare come trasformatori la scelta delle varietà di grano da coltivare è stato un elemento fondamentale per l’ottenimento di una buona materia prima” ed è per questo che Matilde ha deciso di puntare non solo sulla verità moderne, ma anche sul recupero di grani antichi come la Saragolla lucana, che appartiene alla famiglia khorasan, il Senatore Cappelli e poi grani teneri come la Risciola e il Russillo andate in disuso a causa delle basse rese “con questi grani oggi produciamo ventidue diversi formati di pasta”.
Ma la sola tipologia di grano da sola non basta per ottenere un prodotto di qualità e questo aspetto per Matilde è sempre stato fondamentale, per questo si è concentrata sulle modalità produttive “con i nostri campi che vengono condotti secondo metodi rispettosi dell’ambiente e della natura”.
Sin dall’inizio della sua avventura non ha mai voluto utilizzare né pesticidi, né concimi chimici “abbiamo abbracciato in pieno la filosofia del Metodo Me.No” il cui acronimo descrive appieno la filosofia che lo ispira: produrre meno per produrre meglio.
Il Consorzio Me.No
Oggi il Consorzio Me.no unisce 36 realtà dislocate da nord a sud dell’Italia che operano nel settore della produzione o trasformazione di latte, carni, formaggi, cereali, foraggi, uva, vino, olio, olive, affinamento formaggi e agricoltura sociale. Partner del Consorzio e suo promotore è Anfosc, Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo, capitanata dal suo Presidente Roberto Rubino, impegnato da oltre venti anni nella valorizzazione qualitativa delle produzioni agricole. E’ Anfosc ad avere la titolarità del marchio collettivo Me.No e l’obiettivo è quello di diffondere in Italia ed all’estero questo modello di produzione e il suo disciplinare.
La regola di riferimento del Metodo Nobile è quella della concentrazione/diluizione delle componenti chimiche che concorrono a definire la qualità di una qualsiasi materia prima agricola: si ottiene un innalzamento qualitativo della produzione abbassando le produzioni unitarie (quintali per ettaro, litri per quintale, chilogrammi/capo per ettaro, ecc.). Le componenti chimiche/molecole coinvolte, però, non sono quelle che normalmente vengono prese in considerazione dai grandi mercati come il livello di grasso, il livello di proteine o di amido, ma le componenti volatili e i fenoli. “queste sostanze, infatti, seppur presenti in quantità minime, condizionano l’aroma, il sapore, il valore nutrizionale e salutistico del prodotto” osserva Rubino.
Il gusto spiegato dalla scienza
“Le caratteristiche organolettiche delle produzioni che seguono il metodo Me.No sono migliori proprio per il diverso regime alimentare dell’animale o la diversa resa per ettaro del terreno sul quale è coltivata la materia prima. La carica aromatica del latte, del formaggio così come della carne, ma anche delle patate o del grano è data soprattutto da alcune molecole non volatili, principalmente polifenoli e lipidi che si riscontrano in quantità elevata nei terreni non intensivi. Pertanto, il gusto, il sapore e l’aroma di queste produzioni sono notevolmente variabili in funzione dell’intensificazione della produzione”.
Ed è un concetto che il presidente dell’Anfosc ha inteso trasferire all’intero circuito alimentare, dalla pesca alla carne passando dal grano agli ortaggi.
“Il Disciplinare, però, da solo non può nulla, rimane vivo solo se sostenuto da tutte le aziende che fanno parte di un insieme più articolato che compone l’intera filiera” con la sinergia tra produttori, tra chi opera le trasformazioni e chi vende che devono collaborare come protagonisti per uno stesso obiettivo.
Dal Disciplinare Me.no ai campi di grano dell’azienda Iungano
E quell’obiettivo Matilde lo sta portando avanti, coi suoi campi situati a oltre 900 metri di altitudine, dove il grano cresce lentamente, arricchendosi dei preziosi minerali dei terreni vulcanici e soprattutto attraverso un sistema produttivo in grado di esaltare le caratteristiche qualitative delle produzioni agricole.
“Le rese basse sono come un brodo ristretto: è più saporito” un’equiparazione che è ineccepibile “perché una pianta carica con mille frutti perde necessariamente nel gusto e nel sapore dovendo trasferire quel poco che ha a molti”.
Ed eccola, allora, “Donna Matilde” la prima linea di pasta di grano duro prodotta in Basilicata con “Metodo Nobile”. Poca quantità prodotta attraverso una resa per ettaro molto bassa.
In ogni confezione c’è la qualità degli ingredienti, l’uso esclusivo dei grani di sua produzione e l’importanza del rispetto verso lunghi tempi di lavorazione necessari per un risultato coerente, anche sul lato della filiera.
“La tecnica è sicuramente importante, ma è sempre l’impiego delle migliori materie prime a fare la differenza. Ed è questo allora che va principalmente comunicato al consumatore piuttosto che scrivere a lettere cubitali che quel pacco di pasta è semplicemente trafilato al bronzo”.
È il grano a comporre il gusto e il modo in cui viene coltivata la terra dalla quale proviene quel grano la risposta del tutto. “Dietro c’è una filiera che parte da un agricoltore, una persona attenta a seguire il ciclo della natura senza mai forzare il sistema”.
Ma incuriosire una certa tipologia di clientela non è, però, sempre facile, “cerchiamo di tenere prezzi bassi, preferiamo guadagnare pochi centesimi, ma rispettare quello che facciamo” e così al posto di pagare in pubblicità, ci si affida alla fidelizzazione dei consumatori “all’inizio il passaparola tra amici e parenti è stato fondamentale”.
“Vivere in un paesino piccolo come Forenza ha dei limiti come dei vantaggi. È complicato. Le persone vogliono sapere di cosa si tratta e bisogna dare loro un motivo per acquistare”. Così per far capire che si trattasse di una pasta diversa Matilde, che all’inizio produceva solo pasta per sé e per i suoi amici, ha iniziato a promuovere anche gruppi di acquisto “per ridurre le spese di spedizione”, e poi a parlare e a parlare ancora spiegando quali fossero le differenze da ricercare. E oggi l’aspetto più soddisfacente è vedere i suoi stessi compaesani acquistare non più solo quel pacco di pasta domenicale, ma fare ogni volta la scorta settimanale. È questo è il motore di una piccola rivoluzione del gusto.