Tubelli legge Rubino e dalle pagine de “Il cibo ci parla – Istruzioni per capirne le peculiarità” ne nasce un appassionante racconto sulla cultura gastronomica e le sue prospettive future.
Lui, Antonio Tubelli, napoletano di nascita e cuoco – verrebbe da dire – per necessità. Con quel potere evocativo di chi, ai fornelli, ha sentito l’incombenza primaria, di mettere al riparo, prima di tutto, le origini della sua cucina partenopea.
Nel 1997 crea, così, nel pieno centro cittadino di Napoli la bottega laboratorio di gastronomia Timpani & Tempura. Ed in quegli stessi anni assume la docenza per Master food organizzate da Slow Food all’Università Italiana di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Colorno. Mentre innumerevoli, poi, sono le sue partecipazioni come ospite o consulente ai più importanti incontri , nazionali ed internazionali, di educazione alimentare.
“Oggi, però, basta girare per il centro storico di Napoli per sentire che gli odori sono diventati tutte puzze”.
Lo chef sembra riferirsi a quelle finte tradizioni culinarie evocate tra le locande e le trattorie delle strette viuzze partenopee, che di storia gastronomica conservano, ormai, solo gli arredi di un’epoca senza più la sua sostanza.
Quei profumi – secondo Tubelli – sono sopiti, soppiantati da nuovi che a tutto rimandano fuorché a quelli che sobbollivano, in un tempo passato, nelle cucine della sua città.
E di certo non ha aiutato poi, la moda di etichettare con parole nuove i piatti della tradizione. Con tutto l’aggravio che hanno comportato quelle varie “scomposizioni” di parmigiane, genovese, lasagne e via dicendo. Il rischio – diventato ormai quasi certezza – è che alla fine l’avventore di turno si sia ritrovato a credere in quella velina senza etica come ad un’assoluta verità.
Ma come e da dove partire, allora, per ostacolare questo inarrestabile depauperamento della cultura gastronomica?
Ce lo insegna Rubino tra le sue pagine. Come ce lo fa gustare Tubelli nei suoi piatti. Perchè il sapore nasce dal sapere.
E allora non bisogna spezzare la catena della conoscenza: se la scienza insegna e la cucina assorbe, il piatto creato non dovrebbe far altro che trasferire il sapore proprio di quel cibo a chi è seduto a tavola.
Questo è il circolo virtuoso che secondo Tubelli potrebbe, però, spezzarsi, già al suo secondo anello: “Esistono due categorie di chef. C’è chi trasforma la materia prima fino al punto di plasmarla, decomporla. Mortificandola perché di lei, alla fine, in quel piatto ci sarà ben poco. E c’è chi, invece, parte dalle caratteristiche organolettiche di un cibo. Le esalta in un piatto e nulla più”.
Ma per partire da un prodotto bisogna studiarlo, conoscerlo, sapere da dove arriva e comprendere il perché del suo sapore. Solo allora sarà possibile portarlo nelle sale della propria cucina. Ecco perché pagine di libri e mestoli sono esatti complementari. “Noi chef abbiamo un obbligo etico ogni volta che serviamo un piatto. Nutriamo dei corpi. Introdurre sostanze dannose ci rende responsabili. Leggere libri come quello di Rubino è una base che ogni cuoco dovrebbe portare con sé prima di iniziare a cucinare” .
La proposta allora è di creare nuovi progetti gastronomici che abbiano come base una cucina ragionata non sulle nuove sperimentazioni, ma sui sapori e la loro genesi “chi decide di stare ai fornelli dovrebbe sempre essere mosso da una naturale curiosità di conoscere l’origine. Come dice Rubino, non è importante il famoso chilometro zero, ma è importante conoscere il chilometro” – osserva Tubelli.
Conoscere gli allevamenti allora, visitare gli orti, studiare insomma. Questo, secondo lo chef napoletano, aiuta – e non da ultimo – anche il cliente finale. “Perchè se c’è una preparazione rispettosa, etica di un alimento, la riconoscibilità della qualità, e, quindi del vero sapore, è palpabile per ognuno”.
Tutto questo, però, ci riporta ad un altro tassello per il quale tanto Rubino quanto Tubelli se ne fanno portatori: la qualità passa anche per il prezzo?
Al supermercato i sottocosto continuano ad avere la meglio, mentre i food cost di un ristorante arrivano a sfiorare i prezzi di un discount. In questo mare magnum ( o mare minus verrebbe piuttosto da scrivere) difficile allora, anche solo pensare, che l’opera virtuosa di uno scienziato prima e di uno chef etico dopo, possa proseguire nell’ultimo anello della catena.
“Merito di quel barocco scellerato!” – come viene definito da Tubelli – riferendosi a quel senso estetico, che diviene rassicurante per il cliente, fatto di animali sorridenti sulle confezioni al banco frigo o di foglioline e fiorellini in un piatto al ristorante. Una vera e propria suggestione gastronomica tanto efficace da far dimenticare la ricerca stessa del “buono”.
Ed è qui, allora, che potrebbe spezzarsi di nuovo quel cerchio virtuoso. “Penso a tutte le ricerche di Rubino, al suo valoroso progetto con il latte nobile e poi vedo ai supermercati fior fiori di confezioni che di latte non hanno neanche il suo vago odore”.
Parrebbe tutto un “sistema”, così potente, da rendersi impossibile da scardinare. E invece, il barlume è sempre la fiducia nella mente umana. Siamo fatti per ragionare, non per camminare in fila con i paraocchi. Siamo fatti per camminare sulle nostre gambe, non per farci trasportare con il pilota automatico. Uomini di scienza come Rubino e uomini di cucina come Tubelli, vale a dire uomini supportati da vivida curiosità, ci danno l’opportunità di ritornare a nutrire con consapevolezza il nostro corpo.